25/09/12

N°27 - il libro...


N°27 - a proposito di FulviaMissGoff


Tutto ha inizio da un buco. Per l'esattezza da un buco di cubo.
Conviene mettere da parte la malizia. Un buco di cubo è un cubo con un buco, niente di più.
Se non ci fosse stato, tutto quello che è venuto dopo sarebbe rimasto dentro il cubo e visibile solo attraverso il suo buco.
Troppo quadrato il primo e troppo piccolo il secondo.
Il cubo/vaso la nostra Fulvia/Pandora l'ha rotto anni fa quando ancora vestiva pantaloni sporchi di gesso e i suoi maglioni erano infilzati da qualche filo di ferro ribelle impigliatosi nella lana.
Il golf della zia oggi c'è ancora ma, se prestiamo attenzione, troviamo nuovi e dichiarati indizi: qualche macchia colorata (pennarello), sbavature di nero (inchiostro), piccoli pianeti di forme diverse (ritagli di carta), tracce solide e incolori (ops, è solo colla).
La vera storia può cominciare allora con una moleskine e qualche biro e, al punto in cui siamo arrivati, occorre un fermo immagine.
Fulvia (aka Miss Goffetown) è in partenza: quattro valige di cartone, un teschio di mucca con le corna arcobaleno (Sergio Leone è risorto in Brianza!), due cassette della frutta porta documenti. Per viaggiare con lei basta mettere i suoi occhiali, lasciarla guidare e, ovviamente, perdersi.
Entriamo nel mondo di Miss Goffetown. Naive, sporcaccione, istintivo, romantico. Un mondo che vive delle contraddizioni dell’ovvio. A renderlo speciale è un ingrediente per nulla scontato: fantasia.
Dentro quelle sole valigie e in poche cassette possono essere stipati un numero che ipotizziamo di cinquanta moleskine e millecinquecento fogli. Collage, monotipie, incisioni, diari. Pagine e pagine di polaroid illustrate.
Le mettiamo in fila, una via l’altra, sul rullo da proiezione. La storia riparte.
Capitolo 1: natura e scopi del binocolo. Capitolo 2: l’origine della diarrea. Capitolo 3: cos’è la felicità. Capitolo 4: sistema rapido per allacciare le stringhe. Capitolo 5: utilità della bara da morto. Capitolo 6: come si diventa santi. Capitolo 7: dov’è l’inferno. Capitolo 8: regole fondamentali per la pesca delle trote. Capitolo 9: lista dei colori disponibili in natura. Capitolo 10: ricetta del caffè latte. Capitolo 11: quando finirà il mondo. E via dicendo.
Mettiamo gli occhialoni (non 3D che sarebbero “ini”, quelli di Fulvia molto più “oni”). 
Shh. Il film è iniziato.
Roberta Pagani

Occhiali e macchine fotografiche non vanno d'accordo. C'è poco da fare. È una questione di ergonomia, di adattabilità tra corpo umano e corpo macchina. Cosa possibile se non porti gli occhiali e riesci a schiacciare l'occhio contro il mirino. Cosa quasi impossibile in caso contrario.
È per questo che hanno inventato i mirini con la regolazione diottrica e gli extender oculari.
Robe da post human. Come gli occhiali, in fondo. Protesi che simulano una naturalezza che non c'è. Lenti che fanno vedere il mondo come sarebbe per qualcuno che gli occhiali non li porta.
È la tecnologia, il progresso, si dice, e ben venga. Se i quattrocchi hanno un'aspettativa di vita uguale a chi non ha difetti di vista lo si deve proprio a loro, agli occhiali. Quante vite avranno salvato nel corso dei secoli? Migliaia se non milioni. Nel loro eroismo c'è però qualcosa che puzza di socialmente scorretto, o che forse è solo difficile da digerire. È il chiamare“difetto” quello che correggono, definire “correttive” le lenti che incorniciano. Così sembra che quel che si vede senza il loro aiuto sia sbagliato. In realtà è solo un mondo simile ma diverso dove cambiano profondità, colori e nitidezza.
Fulvia disegna questo mondo. Disegna e non fotografa (o se fotografa escono cose sfocate) proprio perché porta gli occhiali. Ma la fotografia le piace e difatti i suoi lavori sono istantanee prese da giornali, film porno o tratte dai suoi pensieri, dalla sua vita quotidiana. Il tutto ha colori, forme, contorni poco reali (o poco realistici) perché Fulvia disegna quello che fotograferebbe senza occhiali, senza mirini con la regolazione diottrica, senza extender oculari. 
Stefano Riba

18/05/12

N°4 - a cose fatte


Cesare Vetro non si è mai visto. Anche le sue foto le hanno trovate in pochi. 
Sarà che oggi un qualsiasi scatto anonimo, ma squisitamente perfetto, può confondersi in modo esemplare dentro a cornici Ikea vendute a prezzi maggiorati, 20 o 30 euro in più, rispetto agli stessi frame vuoti. Parlo di quell'angolo con stampe non d'autore ma gradevoli ai più, modalità take away di fotografia d'arredo. L'immagine bella, frutto di uno scatto altrettanto bello, è dappertutto. E, tanto per fare del luogo comune, persino mia nonna o la mia cuginetta di soli 3 anni, con una Canon D300 (un pò anacronistica e troppo pesante per la prima, e davvero fuori luogo in mano alla seconda) saprebbero realizzare capolavori della tecnica beccando almeno un clic da Irving Penn nei tentativi concessi dal mezzo o aiutate dalla postproduzione di qualche nuova leva della famiglia avvezza ai software. Banalità da bar, o meglio da ristorante (per entrare nel tema).
Perchè è in un ristorante che la N4 ha trovato casa. 
Cesare Vetro davvero non lo si conosce e le sue fotografie, timide come l'autore, sono scivolate in un contesto - alimentare -  un pò per essere viste e un pò no. Forse confuse, come tanti fotografi che provano a orientarsi in una piazza che si è affollata troppo in fretta. Dopo essere entrata nel limbo delle arti "colte" e aver conquistato gallerie e collezionisti, la fotografia ha paura: è a rischio d'estinzione - nonostante la contraddizione  - proprio per l'eccessivo suo proliferarsi. Seconda banalità. 
La terza che voglio dire è questa: se portassimo le polaroid di Mollino dentro al Cafè Elena (spostandole dalla vicina Galleria in Arco) siamo sicuri di non confonderle con le cartoline della bacheca all'uscita? Se è vero che l'abito fa il monaco, e non viceversa, la galleria che fa? E se non c'è un'inaugurazione siamo sicuri che gli ospiti di un ristorante si possano accorgere che le vetrofanie che hanno accanto alle forchette siano opere d'arte? Le altre sono dentro a cornici - decidete voi se Ikea - che, lontane dalle pareti, forse permettono a queste fotografie di rispondere al titolo (Naked Object) e garantirsi di non essere confuse con copertine di una rivista di "dddesign".
Colpo di scena: si, SI! Qualcuno le ha notate, le ha cercate persino - ovviamente non le ha comprate perchè ha già in casa le postcard incorniciate di qualche evento musical-cultural recuperate gratis ormai dappertutto (siamo pur sempre in tempi di crisi!). Arriviamo alla quarta banalità: è l'immagine a essere in crisi, sul serio, almeno così dicono. L'immagine bella per lo più (roba da non crederci!). E' in crisi negli occhi dei fotografi che, spodestati dal primato, si trovano a fare i conti con nonne e nipotini, più temibili del collega Cartier Bresson per Robert Doisneau.
Cesare Vetro - siamo alla 5a banalità se ancora non vi siete accorti che si tratta di uno pseudonimo - ha mandato le sue fotografie non autenticate. Dentro a un ristorante non avranno conquistato lo status symbol del sistema artistico torinese ma hanno conquistato un pubblico che sembra meno assuefatto dei pronostici e ha capito, senza troppo spiegare, che si trattava di "opere d'arte". Esiste allora un decreto presto diventato legge (nonostante ci troviamo in Italia): i contenuti di bellezza non sono teorizzati dalla critica oggi ma stanno nel DNA dell'animo umano. Non siamo assuefatti dal bello, piuttosto facciamo fatica a trovare il "nostro" bello. Il canone che ci insegnava lo studio dalla filosofia è stato adoperato fin troppo dalla comunicazione - unico mercato che si crede ancora in pista  nonostante sia ormai evidente che i suoi adepti  siano usciti dal centro di disintossicazione. La sesta banalità? Riappropriarsi di un po’ di coscienza, anche estetica! 
Roberta Pagani

N°4 - 20 maggio Contesto Alimentare


24/04/12

N°3_ la diretta streaming dell'opening_ 30/03/2012












N°3_gli artisti & la mostra


 Elisa Barrera
 Samantha Donnelly
 Samantha Donnelly & Elisa Barrera
 Leo Babsky & Samantha Donnelly
Leo Babsky
 Samantha Donnelly & Elisa Barrera
 Nadir Valente_ main view
 Leo Babsly & Samantha Donnelly 
 catalogo

N°3 location_GlogauAIR artists in residence_Kreuzberg_Berlino



N°3_ il video della mostra a Berlino

http://vimeo.com/39823165

riprese e montaggio_Superbudda video, Torino

esperienza N°3_ Glogauair Berlino

La necessita' di un confronto internazionale, sia sul piano creativo
che professionale, ha portato a coinvolgere due giovanissimi artisti
di Torino, Elisa Barrera e Nadir Valente, con due artisti formatisi in
Inghilterra e residenti a Berlino, Leo Babsky e Samantha Donnelly. Ne
è nata una mostra, la N3 che ha preso le sembianze di una residenza,
durata una settimana, durante la quale Valente e Barrera hanno
lavorato negli spazi del Glogauair Artist in Residence, una residenza
per artisti nel cuore di Kreuberg, realizzando ciascuno due opere
site-specific che dialogassero con i lavori di Donnelly e Babsky.
L’intervento di Elisa, una serie di piccoli olii su carta e
un’installazione di due aste di legno – visione in 3D di un segno che
si ripete nei disegni – ha trovato confronto con i collage – sia
cartacee che oggettuali – di Samantha Donnely: per entrambe il
supporto è usato come parte di un racconto fatto di tanto diversi
segni. Diverso il discorso per Nadir Valente e Leo Babsky che  usano
entrambi il medium – la carta per il primo, il cemento per il secondo
– come oggetto e soggetto stesso della rappresentazione, vale a dire,
dove il supporto contiene in sé il contenuto del racconto. Nadi
Valente, ormai conosciuto per l’uso della carta come fotocopia
serigrafata di un originale così rappresentato, ha realizzato una
copia fedele di una scultura di Babsky, interamente fatta in carta. Le
due opere erano allineate in mostra come in uno specchio dove si
confondeva l’originale e la sua copia.

In linea con uno sguardo critico sulla creatività e i suoi mezzi
d’informazione di massa, la mostra N3 è stata proiettata in diretta
live da Berlino in una location scelta ad hoc qui a Torino: un vecchio
alloggio disabitato in via Ormea. Come  nella casa di un voyer, al suo
interno sono state predisposte due postazione video su vecchi tavoli e
sedie dalle quali era possibile “sbirciare”, attraverso una
connessione skype aperta con altrettante postazioni a Berlino,
l’opening reale chattando in diretta con chi si trovava là. Gli
invitati a Torino non sapevano che la mostra si sarebbe svolta da
tutt’altra parte e si sono trovati a vederla nel filtro del computer
come osservatori passivi. Una proiezione su parete permetteva di
seguire l’opening ripreso per tutta la sua durata da una camera su
Ipad che si muoveva negli ambienti della main room del Glogauair a
Berlino. La stessa diretta è stata aperta e visitabile online su un
canale streaming creato per l'occasione.

L’idea è stata quella di aprire, sia in senso fisico che metaforico,
una finestra sulla realta' artistica berlinese e di porre un accento
critico sull’autoreferenzialità della cultura torinese.

La diretta streaming, è stata seguita da 87 utenti in tutto il mondo,
dimostrando che anche una mostra d’arte può raggiungere un altro
pubblico aprendosi alle possibilità offerte dai media, diventando cioè
più interattiva e globale!

17/02/12

N°2 - introduzione agli artisti

Frank Huelsboemer è nato a Münster (D) nel 1968. Ha studiato fotografia dal 1989 al 1992. Inizia a lavorare come fotografo nei primi anni novanta a New York, poi a Berlino (1995-1996) e Varsavia (1996-1999). Dal 2000 vive e lavora a Berlino.

Le sue suggestioni derivano da teorie matematiche e scientifiche a cui si aggiunge, dal 2011, lo studio della psicologia analitica e degli archetipi junghiani. Con un manierismo, lirico e minimale, fatto di forme geometriche semplici ed equilibri compositivi mette in gioco i meccanismi percettivi dello spettatore. Usa il video e la fotografia - seguendo le orme del gruppo attivo in Germania negli anni 50, la Subjective Photography – per un purismo visivo ottenuto da esercizi di immaginazione formale e sperimentazioni pratiche.
Le sue immagini non nascono da un’elaborazione grafica e/o digitale ma sono la conseguenza di azioni manualiattraverso bilanciamenti di colore, luce e movimento.

Cristiano Tassinari è nato a Forlì nel 1980. Vive e lavora tra Berlino e Milano.

Le sue installazione comprendono fotografia, pittura, scultura e  video.
Negli  ultimi lavori, la scultura acquista un ruolo centrale: utilizza lastre di alluminio dipinte e assemblate  che dialogano con immagini alle pareti e piccoli oggetti.
La scultura non la intende come monolite al centro dello spazio, ma  diventa piuttosto piedistallo o espositore per qualcosa d’altro. A un minimalismo di forme e colori aggiunge suppellettili e contenuti pop che giocano con le convenzioni dell’opera d’arte.
Il punto di partenza è un’indagine di carattere spaziale che moltiplica i punti di vista dello spettatore di fronte a sculture frammentate in più elementi dislocati nello spazio.

Richard Noble è nato a Brooklyn (NY) nel 1943. Ha iniziato a studiare arte al college e ha seguito corsi di Art&Design al Pratt Institute (NY) fino a scoprire la fotografia. Dal 1997 vive e lavora tra l’Irlanda (nel Donegal) e Los Angeles.

Ha aperto il suo primo studio a New York  nel 1965; per oltre 40 anni si è dedicato a ritrarre i personaggi più influenti della cultura irlandese e americana scattando immagini per l’editoria e la pubblicità.
Dal 1998 abbandona la carriera pubblicitaria per dedicarsi interamente alla sperimentazione grafica e ai processi di elaborazione digitale dell’immagine. Suggestionato dalle scenografie della campagna irlandese, dove si è ritirato negli ultimi anni, crea immagini virtuali assorbendo tutte le sfumature della gamma cromatica in infinite tonalità di grigi.
Da una parte ci sono le composizioni seriali di schemi geometrici che traducono interpretazioni naturali e concetti spaziali, dall’altra lavori esplosivi di tinte fluo, magmatici e organici.

01/02/12

N°2 - venerdì 17 febbraio 2012 - dalle h. 19

quando: venerdì 17 febbraio - dalle h. 19 / sabato 18 febbraio - dalle h. 17 alle 21
chi: Frank Huelsboemer / Richard Noble / Cristiano Tassinari

27/01/12

N°1

chi: The Bounty Killart







quando: 21 gennaio 2012  - h.17.00 / 21.00















dove: Villa d'Aglié - Torino